Festa del 2 giugno
Un impegno democratico per gli anni a venire

LA REPUBBLICA CHE AUSPICHIAMO

di Saverio Collura

Quanto è distante l'Italia "progettata" dall'Assemblea costituente, e nella Costituzione poi definita, dall’Italia di oggi? Ed ancora quanto ampio è il gap tra il nostro paese attuale e la Repubblica realizzata nelle nazioni democratiche dell'Europa? In entrambi i casi dobbiamo constatare che il divario è enorme. La nostra costituzione ha definito un paese moderno, permeato dall'ottimismo delle sue idealità, della sua storia e della sua cultura: un paese proiettato nel futuro. Un paese che avrebbe dovuto ritrovare l'orgoglio della ricostituita unità democratica e risorgimentali, e che affondasse le proprie radici nello "Stato di diritto"; e che anche sapesse recuperare attraverso le istituzioni della Repubblica le istanze, le aspirazioni, gli obiettivi di sviluppo politico, economico e sociale dei cittadini. La politica e con essa i partiti, nello spirito della Costituzione, avrebbero dovuto portare a compimento questa impegnativa e significativa missione. Ed invece in questa fase della vita democratica dell'Italia dobbiamo constatare la enorme divaricazione tra lo Stato e i suoi cittadini, tra la politica e le persone, tra i bisogni della comunità sociale ed i livelli dei servizi messi a disposizione, tra il senso morale e civile che deve impregnare e caratterizzare le istituzioni, come garanzia di democratica convivenza, e la realtà fattuale con la quale misurarsi quotidianamente. Sembra di dover constatare che ogni giorno svanisce un "pezzetto" del sogno accarezzato dagli italiani all'indomani della liberazione dalla dittatura, e quindi della riconquistata dignità di cittadini. Un'intera generazione di giovani oggi non trova nel nostro paese gli stimoli dell'ottimismo del futuro; e quindi non ritiene che i partiti attuali, spogliati delle identità e della progettualità necessaria possano gestire un trend in continuo e costante evoluzione, e siano sostanzialmente inutili, se non addirittura dannosi. E quindi non meritevoli della loro attenzione. Il paese è ripiegato su se stesso, insicuro delle proprie prospettive, impaurito di doversi misurare con gli obiettivi di un'unità politica economica e monetaria europea: non sembra volere investire sul suo futuro. E ciò perché il paese che viviamo è del tutto distante dal paese voluto dalla Costituzione repubblicana.
Non dissimile il gap dell'Italia attuale rispetto ai paesi dell'Europa, con i quali deve necessariamente, ed io aggiungo opportunamente, misurarsi. La globalità (in un contesto più ampio) e la prospettiva europeista sono il "campo di gioco" del nostro paese; che si è giustamente lasciato alle spalle gli angusti e sterili confini autarchici; senza però dotarsi degli assetti, delle strutture, e delle risorse necessarie per competere in questo complesso scenario socio-economico. Se la valutiamo in termini comparativi con i paesi dell'area euro, dobbiamo tristemente prendere atto che l'Italia ha la specificità di essere "penultima". E tale (seguita da Cipro) in quanto la crescita del Pil nel 2015, è tale (seguita dalla Grecia) per la disoccupazione giovanile, e per l'incidenza del debito sovrano sul Pil (133%). Riusciamo a fare anche peggio, avendo tolto di recente la maglia nera alla Germania, nel fardello (insostenibile?) del valore assoluto del debito pubblico: registriamo il valore più alto. E ciò ci rende fortemente vulnerabili, e finanziariamente instabili. Per non parlare poi delle tante altre criticità che dobbiamo comparativamente registrare con riferimento al basso livello di competitività, di innovazione tecnologica, di sviluppo, di ricerca applicata, di investimenti strutturali. Può il nostro paese, la nostra società civile rassegnarsi a quest'prospettiva di "penultimo", e quindi di declino, in uno scenario di forti e complessi cambiamenti epocali, che incideranno sostanzialmente sugli equilibri democratici e sociali dei vari paesi dell'Europa e dell'Occidente?
È evidente che la risposta non può che essere negativa. Ma la soluzione va ricercata nella capacità della Politica di far dispiegare al paese le energie vitali di cui dispone, e che oggi sono compresse e mortificate: sta è questo il compito dell'Alta Politica, dell'Alternativa Democratica.

Roma, 1 giugno 2015